sabato 30 gennaio 2010

Hotel Calcutta

Anni Cinquanta: Calcutta si chiama ancora Calcutta e vive gli ultimi splendori del suo recente passato coloniale.

Nella "striscia d'oro", la zona della città che gli inglesi chiamano Esplanade e gli indiani Chowringhee, il centro della vita mondana e dei grandi alberghi, si aggira Shankar, un ex babu, un giovane impiegato di un avvocato inglese dell'alta corte, anzi, per essere precisi, "dell'ultimo avvocato inglese dell'alta corte di Calcutta".

L'illustre esponente del foro imperiale britannico è morto e il ragazzo si è ritrovato di colpo nel deserto di povertà e penuria da cui viene, e che credeva di essersi lasciato definitivamente alle spalle.

Per allontanare lo spettro della fame, vaga per la città cercando di vendere cestini per la carta straccia fabbricati da un giovanotto di Madras, che oltre ai cestini non possiede altro che due paia di calzoni e una sudicia cravatta. Per i dannati della terra come Shankar, basta il minimo temporale a distruggere l'oasi. Ma per fortuna non è sempre così.

In un giorno in cui sonnecchia al parco di Chowringhee, si imbatte in un uomo dalla pelle color mogano, lucida come le scarpe che hanno ricevuto il trattamento dai lustrascarpe di Dharmatala. E' il detective Byron, il grande investigatore: per lui qualunque caso, per quanto complicato o misterioso, è immediatamente "chiaro come la luce del giorno, trasparente come l'acqua".

Byron gli trova un lavoro nell'albergo più antico e prestigioso dell'Esplanade: lo Shahjahan Hotel. E nell'istante in cui oltrepassa la soglia di quell'albergo di lusso, che sembra una vera e propria opera d'arte, Shankar si sorprende a entrare in un mondo nuovo, una città nella città, dove i tappeti sono così belli che se uno vi inciampa si rialza subito per non rovinarli, dove trecento ospiti al ristorante significano trecento diversi tovaglioli e altrettanti menù e carte dei vini.

In questa città nel cuore di Calcutta, nelle sue suite, al ristorante, al bar e dietro le sue quinte, si raccoglie un'umanità varia e disparata... personaggi teneri e commoventi e incallite canaglie, ognuno con la sua storia, a volte tragica e straziante, a volte sorprendente e incredibilmente intrigante. E, in mezzo a tutti quanti loro, c'è Shankar, il narratore, la vera voce della grande metropoli indiana negli anni del suo massimo splendore.


Sankar, adattamento occidentale di Mani Shankar Mukherjee, dopo la morte del padre divenne impiegato dell'ultimo avvocato inglese dell'alta corte Noel Frederick Barwell, suo mentore e maestro nella letteratura. Nel 1962 scrisse Hotel Calcutta, che nel 1968 si trasformò in un film culto.

Libroteca 42
P.zza Montello, 18 Thiene (VI)
0445 372 196
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2 commenti:

  1. Un libro che indubbiamente merita la sua collocazione tra i best seller della collana Neri Pozza.

    In questo romanzo emergono chiaramente le contraddizioni che popolano l'intera India e la rendono così unica. Una bellissima descrizione dei mondi paralleli, e contrastanti, in cui vive questo paese, con una sorta di salto nostalgico nell'era d'oro del colonialismo ancora viva negli anni '50.

    La splendida caratterizzazione dei personaggi - tra i quali troviamo il vecchio Sohrabji e l'ammaliante Karabi Guha - il racconto semplice ma intrigante delle vicende che si incontrano, si intrecciano o si dipanano, rende questo romanzo intrigante ed affascinante.
    Quando si inizia a leggerlo, non si abbandona fino alla fine.

    Auguro una buona lettura a chi vorrà farsi catturare dallo splendido mondo descritto da Mani Shankar Mukherji.

    DAvide

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  2. Ero fortemente tentata di leggerlo, temevo che un libro incentrato sulla vita in un grande albergo potesse risultare..come dire.. un po' noioso! Adesso mi hai convinto oggi lo inizio poi ti faro' sapere!
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