Nella "striscia d'oro", la zona della città che gli inglesi chiamano Esplanade e gli indiani Chowringhee, il centro della vita mondana e dei grandi alberghi, si aggira Shankar, un ex babu, un giovane impiegato di un avvocato inglese dell'alta corte, anzi, per essere precisi, "dell'ultimo avvocato inglese dell'alta corte di Calcutta".
L'illustre esponente del foro imperiale britannico è morto e il ragazzo si è ritrovato di colpo nel deserto di povertà e penuria da cui viene, e che credeva di essersi lasciato definitivamente alle spalle.
Per allontanare lo spettro della fame, vaga per la città cercando di vendere cestini per la carta straccia fabbricati da un giovanotto di Madras, che oltre ai cestini non possiede altro che due paia di calzoni e una sudicia cravatta. Per i dannati della terra come Shankar, basta il minimo temporale a distruggere l'oasi. Ma per fortuna non è sempre così.
In un giorno in cui sonnecchia al parco di Chowringhee, si imbatte in un uomo dalla pelle color mogano, lucida come le scarpe che hanno ricevuto il trattamento dai lustrascarpe di Dharmatala. E' il detective Byron, il grande investigatore: per lui qualunque caso, per quanto complicato o misterioso, è immediatamente "chiaro come la luce del giorno, trasparente come l'acqua".
Byron gli trova un lavoro nell'albergo più antico e prestigioso dell'Esplanade: lo Shahjahan Hotel. E nell'istante in cui oltrepassa la soglia di quell'albergo di lusso, che sembra una vera e propria opera d'arte, Shankar si sorprende a entrare in un mondo nuovo, una città nella città, dove i tappeti sono così belli che se uno vi inciampa si rialza subito per non rovinarli, dove trecento ospiti al ristorante significano trecento diversi tovaglioli e altrettanti menù e carte dei vini.
In questa città nel cuore di Calcutta, nelle sue suite, al ristorante, al bar e dietro le sue quinte, si raccoglie un'umanità varia e disparata... personaggi teneri e commoventi e incallite canaglie, ognuno con la sua storia, a volte tragica e straziante, a volte sorprendente e incredibilmente intrigante. E, in mezzo a tutti quanti loro, c'è Shankar, il narratore, la vera voce della grande metropoli indiana negli anni del suo massimo splendore.
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