Alla fine degli anni '90 il giovane magistrato Francesco Cascini viene assegnato alla Procura di Locri: è il suo primo incarico dopo la nomina, l'ultimo posto disponibile nella graduatoria. Spaventato e pieno di dubbi, ma anche determinato e carico di buone intenzioni, si ritrova a dover applicare la legge in un territorio controllato dalla 'ndrangheta. Frustrazione e insuccessi fanno venir voglia di andarsene prima possibile, ma il crescente amore per quella terra e la sua gente e il senso stesso della missione di magistrato impongono di rimanere, e provare ancora. Questo racconto è il ritratto di un Paese pieno di paradossi. Nei territori più delicati e complessi i magistrati sono sempre "di passaggio", e far entrare i fenomeni illegali nei binari di un processo per perseguire reati e responsabilità è spesso un'impresa eroica, talvolta considerata folle o sciocca dagli stessi colleghi. A Locri un giudice sembra destinato a perdere. Ma lo sguardo di Cascini su questo mondo feroce e contraddittorio è anche lo sguardo di chi crede che la legge sia ancora l'unico, necessario spiraglio.
Francesco Cascini, ora in servizio presso il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, ripercorre in questo saggio/autobiografia i primi anni dopo la nomina a magistrato. Fra gli ultimi della graduatoria "sceglie" la Procura di Locri, caposaldo di alcuni fra i più violenti clan dell'andrangheta, dove anche un caffè può essere pericoloso, se lo bevi al bar "sbagliato".
Francesco Cascini, ora in servizio presso il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, ripercorre in questo saggio/autobiografia i primi anni dopo la nomina a magistrato. Fra gli ultimi della graduatoria "sceglie" la Procura di Locri, caposaldo di alcuni fra i più violenti clan dell'andrangheta, dove anche un caffè può essere pericoloso, se lo bevi al bar "sbagliato".
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