lunedì 6 aprile 2009

Educazione siberiana

In Transnistria le armi si dividono in "oneste", destinate alla caccia, e "di peccato". Le pistole sono tenute in casa nell'"angolo rosso" tra icone e crocifissi e il più grande desiderio di un ragazzino è possedere una picca, il coltello a scatto della tradizione siberiana. Basta leggere poche pagine di Educazione siberiana per ritrovarsi in un mondo lontanissimo eppure reale, quello della regione dell'ex Urss in cui Nicolai Lilin, al suo esordio letterario, è nato e cresciuto.
Un mondo che Lilin racconta con stile diretto e incisivo, permettendo al lettore di comprenderne le logiche, con quella commistione di violenza e antichi valori che gli anziani trasmettono alle nuove generazioni secondo un rapporto che in lingua siberiana viene chiamato "intagliare", per la somiglianza che c'è tra l'educazione di un giovane e la lavorazione di un ceppo di legno.
Dal quartiere di Fiume Basso al carcere minorile fino all'arruolamento forzato nell'esercito russo, Educazione siberiana è la storia di un ragazzo cresciuto per diventare un «criminale onesto». E il racconto di una cultura, con le sue tradizioni e i suoi codici, come quelli racchiusi nei tatuaggi che ricoprivano il corpo degli Urca, i mitici briganti siberiani.
Una tradizione che Lilin - autore dei tatuaggi riprodotti in Educazione siberiana - ha portato dalla Transnistria al Piemonte e di cui ha parlato anche il lungo articolo apparso sulla copertina di cultura della Stampa del 29 marzo. "Nick mano fredda", come lo hanno soprannominato gli americani proprietari della catena di laboratori tattoo in cui lavora, "si appresta a diventare un caso letterario", ha scritto Cesare Martinetti sul quotidiano torinese.
E in questi giorni sono esposte a Torino le sculture di Fabio Viale ispirate ai tatuaggi di Nicolai Lilin, che il 9 aprile presenterà Educazione siberiana alla Galleria Gagliardi, sede della mostra.
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