venerdì 24 aprile 2009

Historia est magistra vitae

Oggi, 24 Aprile, viene commemorato dagli armeni la deportazione e uccisione perpetrate dal governo turco ai loro danni avvenute nel 1915. Che questo atto si configuri come un genocidio è un'idea contrastata che non è qui il caso di trattare.
Per chi volesse conoscere meglio questa parte della storia che pochi, anzi pochissimi, conoscono possiamo consigliare i romanzi della scrittrice padovana Antonia Arslan. La professoressa Arslan è stata docente di letteratura italiana moderna e contemporanea presso l'Università degli studi di Padova e nel 2004, dopo aver pubblicato perlopiù saggi inerenti al suo campo di studi, ha dato alle stampe il suo primo romanzo che ebbe un grandissimo successo, La masseria delle allodole: "Ispirato ai ricordi familiari dell'autrice, il racconto della tragedia di un popolo "mite e fantasticante", gli armeni, e la struggente nostalgia per una terra e una felicità perdute. La masseria delle allodole è la casa, sulle colline dell'Anatolia, dove nel maggio 1915, all'inizio dello sterminio degli armeni da parte dei turchi, vengono trucidati i maschi della famiglia, adulti e bambini, e da dove comincia l'odissea delle donne, trascinate fino in Siria attraverso atroci marce forzate e campi di prigionia. In mezzo alla morte e alla disperazione, queste donne coraggiose, spinte da un inesauribile amore per la vita, riescono a tenere accesa la fiamma della speranza; e da Aleppo, tre bambine e un "maschietto-vestito-da-donna" salperanno per l'Italia."
Quest'anno ne è uscito il "seguito" sempre pubblicato da Rizzoli, La strada di Smirne: "È finita. La fuga è giunta alla sua conclusione. Al sicuro a bordo di una nave che li condurrà in Italia, Shushanig e i suoi quattro figli si lasciano alle spalle le atrocità che hanno sconvolto la loro vita e sterminato i loro cari e tante altre famiglie armene. Quello è il passato, racchiuso e conservato per sempre tra le pagine della "Masseria delle allodole". Ora una nuova storia incalza. Mentre in Italia i figli di Shushanig si adattano dolorosamente a una nuova realtà, Ismene, la lamentatrice greca che tanto ha fatto per strapparli alla morte, cerca di dare corpo all'illusione di salvare altre vite, prendendosi cura degli orfani armeni che vagano nelle strade di Aleppo, ostaggi innocenti di una brutalità che non si può dimenticare. Ma proprio quando nella Piccola Città dove tutto ha avuto inizio qualcuno torna per riprendere quel che gli appartiene, ogni speranza di ricostruire un futuro compromesso cade in frantumi. La narrazione di Antonia Arslan stupisce per il coraggio di testimoniare fino in fondo le vicende di un popolo condannato all'esilio e per la capacità di dipingere un mondo vivo e pulsante di donne e uomini straordinari. Donne e uomini normali che hanno sofferto senza spezzarsi, attraversando le alte fiamme che, nell'incendio di Smirne, sembravano voler bruciare la speranza di una vita nuova."
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